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Houston, abbiamo un problema...


photo source: nba.com

Quando Chris Paul si infortunò in finale di Conference tutti i tifosi stanchi di Golden State pensarono “Va bè, sarà per l’anno prossimo”. Davanti c’era tutta l’estate per cercare di migliorare ulteriormente una macchina da punti quasi perfetta: giusto mix tra all-star e giocatori di sostanza. Molti sognavano l’approdo del Re che avrebbe davvero ribaltato le carte in tavola per la corsa all’anello, ma anche senza Lebron, la dirigenza Rockets aveva diverse possibilità per rendere la propria franchigia ancora più competitiva con quella della Baia.

Entriamo però nei dettagli dell’estate appena passata, perché da qui sembrano iniziare i primi problemi per i vice-campioni della Western Conference: in una trade con i Suns, perdono in un colpo solo Ariza e Anderson, due giocatori molto funzionali al gioco D’antoniano che nell’ultima stagione portarono a casa, combinati, 20 punti e 10 rimbalzi, “guadagnando” il giovane Chriss (17 i minuti (totali, non di media) giocati in questo inizio di stagione) e l’eterno infortunato Knight. Il tutto per liberare spazio salariale al tanto atteso colpo decisivo. Comincia a girare la voce di Carmelo Anthony, la dirigenza Texana decide di andare all-in. È lui l’uomo scelto per cambiare le sorti della nuova stagione. Carmelosembrava (già, sembrava) disposto ad accettare il tanto sofferto ruolo di sesto uomo, ovvero di uscire dalla panchina portando punti ed energia con la second unit. Purtroppo, il sogno non comincia nemmeno, Harden si fa male e Anthony non riesce a inserirsi nella sinfonia dei Rockest. Dopo una decina di partite Carmelo è fuori rosa e forse non lo vedremo più al Toyota Centre. Houston decide di privarsi anche di un giocatore silenzioso quanto importante come Mbah a Moute spedito ai Clippers. Un altro giocatore che abbandona la nave è Tarik Black, non importantissimo ma il suo contributo lo dava sempre. Gli innesti arrivano dal ROY 2013 Carter-Williams (fuori rosa, ndr) e da James Ennis, giocatore valido ma che non ha mai giocato più di 23 minuti a partita in carriera. Con Nene attualmente infortunato, il centro di riserva è Hartenstein. Chi?

Prima di continuare, piccola deviazione a Oakland: firmano al minimo salariale l’infortunato DeMarcus Cousins e alla panchina aggiungono Jerebko. Opinione personale? Houston necessitava rinforzi ma qui, chi ci ha guadagnato, sono i pluricampioni in carica.

Alla situazione attuale, Houston sta giocando con 8 giocatori, quintetto di livello costituito dal terzetto Cp3-MVP-Capela coadiuvati da Tucker ed il sopracitato Ennis, dalla panchina esce Il sesto uomo per natura Eric Gordon e poi? Gary Clark e Hartenstein. Ecco. All’appello mancano gli infortunati Gerald Green e Nene.

Il record stagionale è 6-7 (17 le sconfitte stagionali lo scorso anno). In queste 13 partite iniziali Houston registra il 28esimo attacco, mentre la scorsa stagione erano il secondo. Troppo presto per fare sentenze, ma un campanello d’allarme deve per forza iniziare a suonare.

Ok, uno come Harden non c’è l’ha nessuno anche se di candidati all’MVP ne abbiamo sparsi per tutta la lega. Chris Paul in cabina di regia può cambiare le sorti di una partita, ed allargando la visione, di una serie Playoff, ma all’anagrafe segna 33. Capela è un lungo senza infamia e senza lode, bene in difesa bravo in attacco a seguire le strombazzate dei due di cui sopra. Tutto il resto della banda non è niente di eccezionale, o meglio, sono giocatori che anche le altre squadre hanno nel proprio roster, ed oggi non basta avere un ottimo terzetto per arrivare fino in fondo, serve una panchina lunga, gente solida ed allo stato attuale è difficile trovare una chiave di svolta nel modellino di Mike.

In conclusione, Houston non sembra più forte di OKC e Nola; Denver e Minnesota potrebbero essere due belle sorprese nel vasto Ovest senza dimenticare la bella prestazione negli scorsi Playoff degli Utah Jazz.

E secondo voi, Houston ha un problema?


-Fabio Montin-

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