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Quando...sedersi in panchina è Sweet (Lou)

Quando sei sul divano con i popcorn, una birra ed accendi la TV ma, raramente guardi una partita di pallacanestro...

Quando il basket ti piace, comunque ti informi, lo segui ma non hai la testa a spicchi ed una passione che ti brucia dentro...

Quando, proprio stamattina, aprendo Facebook, hai letto con interesse il post di Basket Maniacs con i vincitori degli Awards di questa stagione. Leggi di Harden, annuisci e vai a vedere qualche video. E da quei video parti con carrellata comparativa con altri di LeBron, di Durant, per arrivare all'immancabile MJ...ma poi, al lavoro, ti distraggono e ti tocca tornare ai tuoi doveri...

Quando, di quel post iniziale sugli Awards, hai anche letto di quel premio che sa tanto di consolazione: il "sesto uomo"...

e ti chiedi "perché viene dato un premio ad un panchinaro? Davvero ne vale la pena?"

Se, in quella che è la patria del Basket pensano che ne valga la pena, la mia risposta non può che essere "si". Ma quali sono i motivi che portano a questa considerazione?

Per un coach il sesto uomo è determinante come un titolare, capace di spezzare il ritmo della partita, di trovare nuove soluzioni e dotato di elevato QI cestistico. Nel recente passato troviamo figure importanti quali Odom (coach Phil Jackson), Ginobili (coach Popovich) e JJBarea (coach Carlislie, con il quale nel 2011, vinse uno storico titolo a Dallas).

E che ne valga la pena deve pensarlo anche coach Doc Rivers che, con i suoi Clippers, dal 2013 ad oggi per ben tre volte ha portato a casa il riconoscimento, due con Crawford (2014 -2016) e stanotte con Lou Williams. Sweet Lou Williams può essere considerato a tutti gli effetti un efficace figura di quello che rappresenta questo premio.

Williams nasce a Memphis il 27 ottobre del 1986 e nel 2005 viene scelto da Philadelfia come 45° scelta assoluta. Rimane con i 76ers fino al 2012.

Nell'ultima stagione con loro gioca 64 gare senza mai partire titolare, con una media di 14,9 punti. Nei play off, in tredici partite, viaggia ad una media di 27,5 minuti a gara, partendo sempre dalla panchina.

Decide di lasciare la città dell'amore per trasferirsi in quella della Coca Cola ma, un brutto infortunio al ginocchio sinistro lo tiene fermo dal 19/01/2013 al 20/11/2013.

A fine campionato valica i confini andando a Toronto.

La stagione che disputa è stratosferica: viaggia a 15,5 pt di media, giocando 80 partite senza mai partire nel quintetto titolare.

A fine anno vince, più che meritatamente, il premio "Sesto Uomo" che, nel 2012 gli sfuggì per pochissimo. Nuovo anno, nuova squadra. Dai rigori del nord al calore del sud.

Sweet Lou sbarca a Los Angeles per vestire la casacca giallo-viola in quella che per i Lakers è la peggiore stagione della loro storia (record 17 - 65). L'anno successivo, tra il 3 ed il 9 dicembre, si giocano le quattro partite che segneranno la sua carriera con un record per l'Nba tuttora imbattuto. Segna, partendo ovviamente dalla panchina, 137 punti! A febbraio della stessa stagione si trasferisce a Houston, dove, di nuovo, arriva secondo agli Awards, dietro il suo compagno di squadra Gordon. Ma con i Rockets non sboccia l'amore e nella trade per Chris Paul, viene girato ai Clippers. Williams non la prende benissimo e non lascia spazio a dubbi su Twitter ( "thanx houston for the love. But let's pretend like those 3 months didn't happen. No harm No fouls lol"). Dallo stesso social tuona contro gli opinionisti ("so crazy to me that all these nerds cover all sports. Not one athletic bone in their body with all the opinions and analysis". A chi gli fa notare che "they're just doing their job. 1st amendment", lui risponde "Cool. And I have the same right to say they suck just like they think I do").

Passato il momento di amarezza, Lou torna a far parlare il campo e chiuderà la stagione con una media punti di 22,6 ( 13,7 in carriera) e 5,5 assist (3,1). Un 43,5 % al tiro con un 35,9% da tre punti, entrambe le medie migliorate rispetto alle sue precedenti.

E tra qualche anno, potrà anche raccontare ai nipotini di quella sera che, fuori casa contro i Golden State (11/01/2018), segnò 50 pt, con otto tiri piazzati da oltre l'arco e 10/10 ai liberi.

E racconterà che pochi mesi dopo vinse, per la seconda volta, quel trofeo che da merito ai suoi sforzi. Perché Lou è cresciuto di anno in anno, aggiungendo alla pericolosità di una shooting guard, l'handball e la visione di gioco di un play (185 cm x 79 kg), rendendosi così imprevedibile.

Che poi, è proprio questa imprevedibilità a rendere il sesto uomo un giocatore fondamentale per i risultati della squadra. Al sesto uomo non interessa partire titolare perché sa già che giocherà, non ha presunzione ed è, per questo, un collante per lo spogliatoio.

Ma non vuol dire che non abbia talento, anzi, sovente è proprio quel talento che il coach cerca quando deve spezzare gli equilibri di una partita. Si dice "il giocatore forte non entra nella partita ma aspetta e fa entrare la partita dentro di se".

Al sesto uomo si chiede esattamente questo e, quando ci riesce, vince (ancora) meritatamente il premio.

photo source: thesource.com

Luca Maestri


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