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Quando una consonante fa la differenza...dall'Nba alla Lba

Un sabato sera di fine estate, le temperature calano, le ferie sono un ricordo. Attorno quasi il silenzio e le soli voci che si sentono arrivano dalla tv accesa.

Parlano una lingua a me semisconosciuta, ma le immagini dal campo, invece, sono universali. Trasmettono una vecchia partita dell'Nba.

E' una finale. Casacche che danno i brividi. Casacche che, per i più attempati come me, richiamano alla memoria immagini sfocate di giocatori chiamati Abdul Jabbar, Magic Johnson o Dawkins, forse un nome meno suggestivo dei primi due ma, suggestivo lo diventa quando hai potuto vederlo giocare a pochi metri dal campo. Ora, in tv, Iverson lotta come un leone e trascina la sua Phila ad un testa a testa con i Lakers di Saqh MVP e di Kobe.

E' quasi una favola, anzi, è una favola, ma senza lieto fine almenochè non si tifi Lakers.

Durante il match e durante i vari timeout, la mia attenzione viene attirata dalla panchina dei Sixers. Il coach è un certo Larry Brown. Larry? Larry Brown? Quel Larry che quest'anno potremmo vedere seduto sulla panchina di una squadra italiana? Larry Brown, davvero, da Iverson a Poeta?

Senza nulla togliere al nostro Peppe, anzi, tanto dando a lui che è, oltre che un gran giocatore, una persona fantastica.

Ma quanti, pensando al presente, potrebbero immaginare Popovich tra qualche anno allenare una squadra nostrana? Perchè Larry Brown, come Popovich, come Jackson, come tanti altri, appartengono a quel mondo che per noi è irraggiungibile.

Sono immagini in tv, sono interviste da tradurre, sono quegli uomini che possono permettersi di cazziare chi sogniamo la notte quando, per questioni di fuso orario, la notte non siamo svegli per ammirarli. Incuriosito da Larry, mi torna in mente un post di Basket Maniacs che uscì qualche settimana fa su fb, con un piccolo elenco di player che dalla Nba sono arrivati in Italia.

Non tutti, ma solo i nuovi giunti.

E già sono un piccolo esercito considerando le differenze di budget.

Ma, a questo punto, mi torna in mente la recente dichiarazione di Carlos Delfino che asserisce che, quando lasciò l'Italia, lasciò quello che probabilmente era il terzo campionato nel mondo, con molti giocatori slavi o dell'est europeo.

Adesso, invece, è una palestra per giovani americani in cerca di visibilità.

La dichiarazione di Carlos mi lascia interdetto e pensieroso. Riavvolgo il nastro del tempo e vado a vedere cosa è successo l'anno successivo al trasferimento di Delfino negli Usa.

Era il 2004 (...e ne ho dovuto riavvolgere di nastro...) e a vincere il campionato fu Bologna, sponda Fortitudo. Leggo la formazione campione d'Italia.

Come indigeni, la Fortitudo, poteva schierare nomi quali Basile, Mancinelli, Piazza, Cortese ed un certo Belinelli.

Come stranieri, i nomi sono quelli di Smudis, Bagaric, Vujanuc, Rancik, Lorbek, Douglas e Mccaskill. Allenatore Repesa. Considerando che McCaskill giocò tre partite, l'unico americano rimane Douglas.

Possiamo dire con certezza che l'affermazione di Delfino è corretta, seppur al netto del regolamento di quelle stagioni. Ma, per noi maniacs di basket, non è forse quello americano il campionato che consideriamo almeno tre spanne sopra ogni altro?

Quindi, l'avere giocatori che si portano dietro addirittura degli Anelli, non dovrebbe riempirci di gioia ed orgoglio? Quest'anno arriveranno un paio di player che vantano, nel palmares, due vittorie a testa, Cole con Lebron James, McAdoo con Curry.

Di cosa parliamo? Parliamo di un giocatore Norris Cole che ha all'attivo 360 partite in Nba con 2500 punti. McAdoo ci porta in eredità oltre cento partite con una media di 7.9 punti.

Tra gli altri, arriveranno un Hamilton (Brescia) con le sue oltre 105 presenze a Denver. Un James (Milano) che già giocò ad Omegna prima di trovare buona fortuna a Phoenix e meno a New Orleans. Julian Stone che ama fare il pendolare tra l'Nba (Denver, Charlotte e Toronto per 70 partite ed 80 punti) e Venezia ( tricolore nel 2017 alla seconda esperienza in laguna).

Ancora, Marble che viaggia verso Trento (44 partite ad Orlando), Costello da San Antonio (4 partite) ad Avellino, Cooley (Utah e Sacramento per un totale di 25 partite) a Sassari, Ledo da Dallas (28 partite) a Reggio o Nedovic con 24 partite nei GSW nel 2016. A loro vanno aggiunti gli arrivi a Torino di Wilson ( 15 partite nei Clippers prima di essere fermato da uno scandalo) e di Taylor (61 partite con i Nets).

In ultimo va aggiunto Delfino con oltre 500 partite e poco più di 3500 punti, ma risalenti ad un periodo iniziato due lustri fa. Se guardiamo le statistiche, è inutile negare che per molti di questi giocatori la lega americana sia stata spesso una chimera toccata sporadicamente e che per loro, il palcoscenico più naturale sia stato quello della D-League.

Per questo motivo una nutrita schiera di appassionati e dirigenti preferiscono puntare su cestisti di origine europea, già adattati al nostro basket che è indubbiamente diverso da quello americano.

Ma penso anche ad un James McAdoo, figura di terzo piano dei Golden State; penso che è vero che gli anelli che si porta dietro sono anelli vinti da altri ma, quegli stessi altri con cui ogni giorno si allenava.

Con loro si confrontava e proprio loro doveva cercare di fermare. Il buon James non sarà un fenomeno ma l'essersi dovuto misurare con gente come Green, come Iguodala, lo porterà ad avere delle possibilità di far bene nel nostro campionato, sfidando i nostri centri? La risposta, seppur sembri scontata, tale non è.

Per molti di loro, a fare la differenza sarà la testa, la voglia di mettersi in gioco, di imparare un basket diverso e, soprattutto, che questo basket non sia vissuto come passerella per il prossimo futuro.

A noi rimane la consapevolezza di poter vedere giocatori che immaginiamo essere di altro livello, giocatori che passano dalla Nba alla Lba.

Quella che per il mondo è solo una consonante, per noi è la differenza tra il sogno e la realtà. Manca un mese e, finalmente, si passerà dalle parole ai fatti...e poi davvero capiremo se e per chi, quella consonante, faccia davvero la differenza.


Luca Maestri

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