E' una giornata di sole quella che ci attende a Cremona,
dove la piazza principale sembra godersi serena non solo il tepore primaverile ma anche i video che, sul grande schermo posto di fronte alla statua di Stradivari, corrono rutilando le immagini del trionfale week-end della Coppa Italia. Inganniamo l'attesa per l'appuntamento, passeggiando tranquillamente nel centro città. Siamo in un venerdì lavorativo, la gente si muove operosa ma senza affanni ed anche il tempo sembra adeguarsi, scorrendo più lento del solito e lasciandoci la possibilità di avviarci al Pala Radi con tutta calma. Giampaolo Ricci, quando arriviamo, è già li ad attenderci e ci accoglie con una spontaneità che mette tutti a proprio agio. Eh si, perchè l'idea che si ha dell'ormai Pippo nazionale, è quella di un ragazzo semplice che non si è montato la testa nonostante il vortice di successi personali e di squadra che l'ha inghiottito ma non travolto. Cominciamo la chiaccherata proprio dalla fine, prendendo spunto da un suo recente post dove ha scritto “Terminate due settimane di fuoco con due delle soddisfazioni più grandi della mia vita. La più bella? La prossima.” Quindi, Ricci non si ferma ? “si, è un po' per rimanere con i piedi per terra dato che nella mia vita ho sempre vissuto per piccoli obbiettivi ed infatti sono passato dalla serie B alla serie A in otto anni. E un po' per cercare di motivarmi dopo queste settimane dove davvero, è successo di tutto. La settimana della Coppa Italia è cominciata il martedì con un esame all'Università dove sono stato bocciato e quindi mi sono approcciato alle final eight con questa incazzatura dentro...però poi, è successo di tutto, abbiamo vinto la coppa Italia, mi hanno dato quei due premi poi, siamo tornati a Cremona mezzi ubriachi ed il giorno dopo alle nove del mattino avevo già il treno che mi portava a Varese per la nazionale. Dovevo resettare subito le emozioni per concentrarmi sulla partita contro l'Ungheria che è stata una delle emozioni più grandi della mia vita. Il Palazzetto pieno, bambini ovunque e l'importanza della partita che si sentiva, con Petrucci che il primo giorno viene a salutarci avvisandoci che tutta la nazione ci guarda e che i giornali parleranno di noi...ti senti inorgoglito ma allo stesso tempo, non dico impaurito ma...(pausa di Giampaolo che ci lascia percepire la tensione che si poteva provare) (pausa finita, l'impressione è che non sia lui a riprendere a parlare ma le emozioni che ha provato) ...ma poi venivo dalla vittoria della Coppa Italia, avrei voluto godere di questa gioia ed invece non potevo, subito catapultato in questa nuova situazione dove abbiamo conquistato la qualificazione e dove tutti, effettivamente, hanno parlato di noi. Siamo ancora andati in Lituania che è sempre una partita speciale e tosta a livello fisico e, infine, tornando a casa mi sono potuto rendere conto che era successo davvero tanto. Fino a due anni fa era davvero impensabile poter pensare che avrei vissuto queste due settimane”. E' un fiume in piena, Giampaolo e le sue parole scorrono torrentuose senza però mai provare a scavalcare gli argini della lucidità. Lo si ascolta volentieri perchè il suo entusiasmo genuino ti prende per mano e ti porta con lui a rivivere quei momenti...momenti che hanno avuto il loro apice nella tre giorni di Firenze e che si è conclusa con una coppa e due trofei personali, uno come migliore rimbalzista e uno come migliore difensore. La Coppa Italia...una coppa strana, imprevedibile, dove le favorite trovano sovente l'onta dell'esclusione al primo turno o, comunque, poco oltre. Dove le underdog trovano esaltazione e spesso soddisfazione. L'anno scorso toccò ad una Torino in piena turbolenza, quest'anno ad una Cremona indubbiamente più serena della precedente vincitrice.
Ma cosa succede in quella tre giorni che rende così speciale ed imprevedibile la manifestazione? “ io dico sempre che il destino ha voluto darci una seconda chance, nel senso che l'anno scorso è successa più o meno la stessa cosa. Venezia e Milano fuori subito, noi che battiamo Avellino e la Coppa sembra diventare un'occasione ghiotta. Poi abbiamo perso al supplementare con Torino. Quest'anno non potevamo farci sfuggire di nuovo questa occasione. La coppa Italia è bella proprio perchè in una partita secca può succedere di tutto” ma allora, cosa è che conta, in queste situazioni per andare avanti? “mah, contano un sacco di cose. Parlando tra di noi, ci siamo resi conto che ci è andato davvero tutto bene, compreso gli orari dato che abbiamo giocato sempre alle 18.00...parlando con Moraschini, ci siamo confrontanti anche su questa situazione perchè è diverso entrare in campo alle 21.00, finire alle 23.00, mangiare ed andare a dormire non prima delle tre. Il giorno dopo hanno giocato di nuovo alla stessa ora e in finale, dopo 30', si vedeva che avevano la lingua per terra. Noi in quei giorni abbiamo respirato un'aria magica, si va a fare colazione con il sorriso, a pranzo si scherza e si ride...te ne accorgi quando c'è quell'elettricità...ed infatti, abbiamo fatto tre partite incredibili dove lo scarto peggiore è stato un -6 con Bologna. Altrimenti siamo sempre stati in controllo, sempre sopra, incontrando squadre che in campionato avevamo già battuto. Il pensiero ti viene anche se, tra di noi, ci dicevamo che no, non succederà mai, che siamo scarsi...con Travis negli spogliatoi, prima della partita, ci dicevamo ogni volta che ne avremmo presi trenta..” Eppure, Cremona, non solo ha vinto, ma ha anche divertito e, per quello che viene considerato uno spettacolo, non c'è niente di più appagante che divertirsi.
L'impressione che sia ha dall'esterno, è quella di una squadra che non solo diverte chi la guarda, ma che si diverta per prima lei
“Si, la nostra forza è il gruppo ed il divertirsi assieme. Stiamo bene tra noi, ci alleniamo bene insieme ed è bravo Meo che, anche durante la settimana, riesce a farci divertire. Andare ad allenarsi con sorriso e voglia è fondamentale. Sai che saranno due ore toste ma ore dove sai che giocherai, che ti divertirai. Rispetto agli scorsi anni, non c'è la star, la prima donna che magari viene ad allenarsi senza voglia. Oggi, per esempio, è venerdì e in questo giorno facciamo partitelle. Noi arriviamo qui con la voglia di vincerle, c'è gente che non ci sta a perdere. Bravo Meo a rendere l'allenamento competitivo ma bravi gli americani che dal lunedì al sabato vengono con questa testa qui e con la voglia e la concentrazione giusta per allenarsi bene. L'anno scorso non era così, qualcuno cominciava ad accendersi dopo un'ora e mezza o qualcuno non veniva proprio e poi, questi atteggiamenti si ripercuotono sulla partita perchè, nei momenti difficili, si vede quando il gruppo è unito. Noi abbiamo avuto la possibilità di vedere queste partitelle del venerdì. Ed, effettivamente, non erano certo all'acqua di rose, la voglia di vincere era di entrambe le squadre, che se le davano di santa ragione con conseguente disappunto per canestri presi o azioni sbagliate. Ma bastava la pausa a portare serenità tra i giocatori. Si vedeva lontano un miglio che tra di loro c'era solo un sano e semplice agonismo senza nessuna tensione esterna. Più volte Giampaolo cita Meo, e non a caso, dato che i risultati parlano per lui. Ma ci svela anche un altro lato del Coach, forse il più importante. “ Meo è bravo a toglierti la tensione di dosso, per esempio, prima della finale con Brindisi, è venuto da noi con il sorriso dicendo di andare a divertirsi però, si raccomandava, buttatevi su ogni pallone ma non dimentichiamoci di divertirci...e ci rimani un po' così perchè pensi che è una finale e non pensi al divertimento. Altri allenatori magari sentono di più la partita, anche più dei giocatori. Lui invece trasmette tranquillità, ti invita a tirare, pazienza se sbagli, segnerai quello dopo” Pensare a divertirsi, provare a tirare e pazienza se non fai canestro...lo farai un'altra volta”. Queste parole non suonano nuove ma anzi, si sono sentite ripetute fino alla nausea dagli istruttori di minibasket, dove lo sport deve essere prima di tutto divertimento. E anche Ricci, come molti, ha cominciato nelle palestrine con i canestri bassi e la palla n°5. Erano i tempi di Chieti, con schiere di bambini che corrono non tanto dietro ad una palla ma dietro a chi ha la palla. Gli anni passano ed arrivano i tempi dove bisogna fare delle scelte. D'Arcangeli sceglie lui e lui non si tira indietro. E' il 2007 e Giampaolo ha 16 anni quando prepara la valigia, saluta con la manina le sue terre e parte per Roma, destinazione Stella Azzurra.
“io dico sempre che loro sono l'ambiente perfetto per provare a diventare un giocatore. La loro bravura, almeno ai miei tempi, era nel reclutare ragazzini del sud Italia che non erano fenomeni ma bravi giocatori che nella loro città spiccavano. Ragazzi che avevano bisogno di lavorare e sbucciarsi le ginocchia. Io sono arrivato quasi come ultima ruota del carro, con una caviglia appena operata, in sovrappeso e sono stati tre anni tosti. La mattina mi svegliavo alle sette, prendevo due autobus, andavo a scuola fino alle due in uno scientifico tra i più duri di Roma. Tornavo verso le 15.00 e mangiavo un piatto di pasta che il cuoco aveva cucinato magari a mezzogiorno, perchè eravamo in tanti ed ognuno aveva orari diversi. Dormivi mezz'ora e alle 16.30 eri in palestra a fare pesi o lavoro atletico e poi basket fino all' ora di cena. Dopo cena era il momento di studiare”. Eggìà, lo studio...perchè sei ragazzino e stai faticando per diventare un giocatore, ma in mezzo c'è anche lo studio. E se per i più, lo studio è già noia e tristezza in condizioni normali, come lo consideri quando sei ad un passo dal realizzare un sogno che non passa attraverso i libri? “A me è sempre piaciuto studiare, poi non volevo dare noie ai miei genitori. La mia routine era così, magari il mercoledì sera i miei compagni andavano a mangiare la pizza e io non uscivo perchè dovevo studiare, oppure i miei compagni di scuola organizzavano week-end con la casa al lago ed io dovevo dire di no...” Non è facile a quell'età staccarsi completamente da casa. O forse si, se ti senti grande e vuoi provare l'ebbrezza di vivere da solo. Ciò che sicuramente non è facile, è rimanere dritti sull'obbiettivo. Come cantava Guccini “a vent'anni si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell'età”. A sedici, ancora più stupidi, detto con tutto l'affetto e l'invidia possibile. Eppure Giampaolo ci riesce. Lavora sodo, sia in palestra che a scuola, fino a diplomarsi, fino a diventare un giocatore professionista.
Come si riesce, a quell'età, a non cedere alle lusinghe del divertimento?
" Eh...è tosta, tosta tosta...io quando sono andato via di casa, ho pensato che dovevo avere ragione io, che tutto questo sacrificio doveva portare a qualcosa. Non potevo mollare e dar ragione a chi, anche di Chieti, mi diceva ma dove vai, non diventerai mai un giocatore, stai qua che comunque andare via non serve a niente. Il volere dimostrare, il voler arrivare mi spingeva. Anche Germano (D'Arcangeli, ndr) mi ha cambiato un po' la testa. Quando avevo momenti liberi provavo ad andare a casa a rilassarmi o a studiare ma lui subito mi richiamava, dicendomi che nei momenti di pausa dovevo fare pesi o migliorare negli individuali. Devo ammettere che a livello mentale è stata durissima. Qualunque cosa facessi, lui trovava l'errore e mi incitava a fare di più, dicendomi che non ero li per riposarmi ma per provare a diventare un giocatore...ed è stata tosta, è stata tosta” Il ripetere sovente il termine tosta ma, soprattutto, l'espressione del volto e degli occhi nel ripeterla, non lascia dubbi su quanto difficile sia stato e quanta determinazione ci abbia dovuto mettere il ragazzo per non mollare. E gli torna in mente anche un episodio, quando finalmente, con la Stella Azzurra torna vicino a casa, per giocare una partita a Teramo “ per me era una partita importante, conoscevo tutti a Teramo e i miei genitori erano venuti a vedermi. Germano mi ha fatto giocare due minuti, massacrandomi perchè l'approccio non è stato quello giusto, l'approccio di chi si butta su tutti i palloni. Alla fine sono esploso, andando da lui piangendo di rabbia chiedendogli che cosa gli avessi mai fatto, perchè ce l'avesse con me e di lasciarmi stare. Ma lui e la Stella Azzurra sono così, con questi modi che ti creano o ti distruggono, soprattutto a quell'età. Alla fine del secondo anno ho cominciato a fare i raduni con l'under 20 della Nazionale e mi trovavo a confrontarmi con gli altri giocatori, alcuni dei quali già guadagnavano, erano nel giro della serie A ed uscivano tutte le sere. Io ero li a zero euro, mangiavo la pasta fredda e mi uccidevano se la domenica volevo dormire mezz'ora in più...insomma, due mondi completamente diversi che mi facevano sospettare che non facessero parte della stesso pianeta”. Non c'è, nel tono di Ricci, altro se non un constatazione accompagnata da un tono ridente, forse perchè “alla fine, ripensando a quella foto con i due trofei in mano, quella foto, ha dato significato a tutto”.
Rimaniamo colpiti da questa esperienza, dato che per noi il basket è divertimento ma prendiamo spunto da queste riflessioni per chiedere cosa consiglierebbe ad un ragazzino che vuole diventare un giocatore di pallacanestro “molto spesso confido ai miei genitori che non so se consiglierei a mio figlio l'esperienza che ho fatto io, perchè ho sofferto, ho sofferto parecchio. Ho rinunciato alla mia adolescenza, ho rinunciato alle ragazze, ho rinunciato a tutto, tutto. Però...adesso io gioco a basket, il mio lavoro è fare allenamento e con la palla in mano mi diverto. Faccio un canestro e il palazzetto esplode e dico che figata! Sono nato per questo. Ad un ragazzino posso dire di divertirsi, di capire se davvero lo vuole e, se lo vuole veramente, ma veramente, provarci. Ho giocato con persone più forti di me, che non erano convinti al 100% di diventare giocatori e alla fine, nonostante i mezzi, si sono schiantati e hanno mollato, buttando via anni della loro vita. Quindi, per prima cosa, divertirsi perchè se giochi a basket e non ti diverti, ha poco senso. Bisogna amare questo sport e poi, a 15/16 anni, tracciare una linea, capire i propri margini di miglioramento e se uno ancora ci crede, provarci con tutto se stesso”. Indubbiamente Giampaolo amava questo sport anche perchè alternative ne aveva, data la sua caparbietà anche nello studio “una cosa che mi riconoscono e ne sono contento, e che comunque sono uscito con 110 e lode dallo scientifico. I miei genitori sono due medici, a me piace la matematica e a L'Aquila c'è una buona università. Se non avessi giocato a basket, un alternativa c'era. Magari adesso ero con altri miei coetanei che conosco a fare dei master a Oxford, New York o chissà dove...insomma, un piano B lo avevo ma la voglia di dimostrare che avevo ragione ha avuto la meglio. Per nostra fortuna, il Ricci di sedici anni era un caparbio adolescente che amava la palla a spicchi. Ma l'adolescenza finisce e con essa finisce anche l'esperienza alla Roma. E' ora di crescere, di preparare di nuovo le valigie e di diventare professionisti. L'opportunità gliela offre Casalpusterlengo e si parte per le terre lombarde. “ sono andato a Casalpusterlengo nel mio primo anno da professionista ed era un altro mondo. Senza Germano che ti metteva pressione (ride), con due allenamenti al giorno ma qualche volta anche solo uno...era una pacchia...ma senza la Stella Azzurra tutto questo non ci sarebbe stato, le devo tanto” A Casalpusterlengo ci rimane quattro anni, dal 2011 al 2015, partendo dalla Divisione Nazionale A per arrivare alla A2 Gold, dove chiude l'anno con 26 partite giocate, 11,2 punti di media e 5,5 rimbalzi. Partecipa anche all'All Star Game e si spalancano le porte per una nuova occasione, quella di approdare ad una storica piazza come è Verona. Anche qui il pubblico lo apprezza, lo apprezza al punto che vince lo Scaligero d'Oro come giocatore più votato. L'anno successivo si trasferirà a Tortona, riscuotendo ancora apprezzamenti dal pubblico. Un'altra costante, palesata dal premio di Verona, è la capacità di Ricci di farsi amare ovunque vada. Prima di conoscerlo, veniva naturale domandarsi quale fosse il motivo per cui lasciasse sempre questa impressione positiva.
Poi abbiamo capito che, conoscendolo, la risposta sarebbe venuta da se ma intanto non potevamo esimerci da chiederglielo “io sono uno naturale, spontaneo e provo sempre a trasmettere qualcosa a chi viene al Palazzetto. Ci sono tante persone e famiglie, che durante la settimana hanno i loro impegni e cercano svago con la partita. Quando gioco mi emoziono, se faccio un canestro o un assist, devo sfogarmi. Anche solo se sono in panchina, impazzisco per la mia squadra. Cerco di trasmettere le emozioni che provo a chi viene a vederci. Inoltre, mi apprezzano perchè sono un esempio di etica sul lavoro dato che, non avendo nè mezzi tecnici nè mezzi atletici, ho sempre dovuto lavorare parecchio e pensato di dover fare qualcosa in più degli altri. Arrivare prima, andare via dopo oppure, quando ho una mattina libera, spenderla per migliorare il mio fisico, il mio tiro, il post basso...non so, mi sono sempre sentito in dovere di fare qualcosa per migliorarmi. Questi atteggiamenti sono apprezzati dagli allenatori, dai preparatori, da tutto il mondo che gira attorno alla squadra e prima o poi ti torna indietro perchè quel che semini, raccogli. Come diceva il preparatore atletico cileno della Stella Azzurra, il lavoro paga sempre. Se tu fai cinque minuti in più ogni giorno, alla fine dell'anno sono ore. Ci sono parole che andrebbero scritte a caratteri cubitali in ogni dove, non solo nel mondo dello Sport,ma dato che di esso parliamo, lasciamo che sia Giampaolo ad usare le parole che ritiene più opportune“Se chi mi viene a vedere è felice, io sono realizzato. Mi sono arrivati tanti messaggi in questi giorni e tra questi molti che dicevano che mi sono meritato questi momenti. Per me, essere un modello per chi parte dal nulla è importante. Arrivo da Chieti, chissà se fossi nato a Bologna magari sarei arrivato prima, ma sono nato a Chieti dove il basket c'è a livello locale ma a livello nazionale è, come diceva sempre il mio allenatore, il campionato della parrocchia. Ho avuto la fortuna di fare un torneo estivo dove mi hanno visto quelli della Stella Azzurra ma comunque, anche dopo, è stato come scalare una montagna, arduo e da scalare a piccoli passi. Quando faccio incontri con i ragazzini, gli dico che dieci anni fa ero al loro posto e, se ce l'ho fatta io, possono farcela anche loro, devono crederci! Ragazzi, se davvero è il vostro sogno, credeteci, impegnatevi, ma credeteci perchè si può realizzare”. E credeteci davvero ragazzi, perchè quello che vi dice Ricci, non è una solita frase di circostanza ma la sua esperienza, vera come tutte le parole che ci sta regalando, vera come vero è lui nella sua tranquilla fierezza e consapevolezza. Consapevolezza che il futuro non sarà solo basket e, nonostante i suoi anni da professionista, lo studio non lo ha dimenticato ma anzi, è ancora parte quotidiana della sua vita dato che è iscritto alla Facoltà di Matematica di Bologna. Eppure, la matematica è una di quelle scienze che non solletica la fantasia di molti, anzi, da più viene considerata una scienza fredda pur essendo parte integrante di tutto il mondo che ci circonda. Può dirci qualcosa Ricci per convincerci del contrario e, quale è stata la suggestione che lo ha portato a scegliere questa disciplina? “eh...la matematica o la ami o la odi. Se la capisci al volo, se c'è feeling, è fantastica. Ho sempre avuto professori che me la hanno fatta aprrezzare, anche mettendomi alla prova con esercizi un po' più difficili ma a me è sempre rimasta facile e mi ha dato parecchie gratificazioni. All' Università fai degli esami davvero tosti e il non andare a lezione non aiuta. Mi manca anche la vita Universitaria, lo stare assieme attorno ad un tavolo a capire gli esercizi, l'uscire la sera e magari sbronzarsi per alzarsi alle cinque del pomeriggio...mi manca. Però, anche studiare da solo è gratificante, come quando riesci a capire senza aiuto gli argomenti. Ho pensato molto a questa domanda, perchè l'ho scelta...la matematica è razionalità ed io sono molto emotivo, al punto che se perdo la partitella in allenamento m'incazzo e forse, dopo la doccia, torno a parlare. La razionalità dei numeri serve a bilanciare la mia emotività. Il tornare a casa la sera e fare due ore di studio dove riesco a completare gli esercizi, mi aiuta a bilanciare questo aspetto. Tutta la mia vita ruota attorno ai due allenamenti perciò mettersi alla sera a fare altro, che può essere studiare o leggere un libro, mi aiuta ad affrontare la routine del giorno dopo. Dico sempre che basket e matematica sono Yin e Yang e che si bilanciano tra loro”. Già, anche leggere un libro. Sovente, leggendo nei social dove interagisce Giampaolo, si leggono citazioni spesso tratte da una pagina in particolare, “La pagina di uno scrittore”“La pagina di uno scrittore” è la pagina di mio fratello. Anche mio fratello ha questa doppia sfera. Lui è biotecnologo, vive a Parigi da quando ha preso un dottorato alla Sorbonne, ma gli è sempre piaciuto scrivere. Ha anche un'altra pagina dove scrive racconti su quello che gli succede (Jhonny Cronaca, su fb) in una maniera spesso esilarante che vale la pena leggere perchè lui ha una dote naturale nel raccontare”. Emerge un lato più privato di Ricci dal quale traspare l'ottimo rapporto che ha con la famiglia. Certo, non sono sempre rose e viole, soprattutto quando si è bambini o ragazzini. Come tutti a quell'età, anche Giampaolo ha dato filo da torcere ai genitori e, sostenuto dall'incoscienza tipica della giovinezza, qualche guaio l'ha combinato. Un giorno, se avrà figli, si troverà anche lui a dover gestire i comportamenti al limite della bizzarria che i bambini non solo riescono a concepire ma anche a mettere in pratica.
Lui, come si comporterebbe se un bambino combinasse le stesse marachelle che ha combinato lui? “mazze e panelle fanno i figli belle..così si dice dalle mie parti. Io non ne ho prese tante ma quando è successo me le ricordo. I genitori il messaggio ai bambini devono mandarlo, non puoi far finta di niente ma non bisogna neanche esagerare. Passato il momento, poi puoi anche scherzarci su...un po' bastone e carote, come si dice”. E da piccoli, per chi gioca a basket, c'è un mondo che non puoi non sognare, facendo diventare il tuoi tiri quelli dei tuoi eroi che giocano in un magico mondo chiamato Nba.
Ricci, questo magico mondo, lo segue e se si, chi erano, o sono, i suoi giocatori preferiti? “L' Nba la seguo poco. Durante l'anno non riesco a guardare le partite mentre gli highlight si,quelli li guardo sempre. I play-off anche li guardo ma la regoular season proprio non ce la faccio. Noi facciamo un giochino negli spogliatoi dove, a turno, vengono scelte cinque partite e sulle quali dobbiamo dare un pronostico. Sinceramente...spesso vado a caso, non sono appassionato come Travis o gli americani in genere che invece la seguono davvero tanto. Seguo molto di più l'Eurolega, che considero molto bella. Un pronostico sulla finale Nba? GSW e poi non saprei...Antetokoumpo è proprio bello da vedere, dai, tifo lui. Quando ero piccolo impazzivo per Garnett, era proprio bello da vedere, un vero leader. Adesso mi fomenta un sacco Cousin e, ovviamente Kevin Durant. Da piccolo mi affascinava anche Novitzky. Il mio giocatore ideale sarebbe un misto tra Garnett e Nowitzki.” ed accompagna il tutto con una risata di gusto, immaginando un giocatore del genere...ma qui siamo nella fantasia, la realtà passa attraverso le recenti vittorie e l'allenamento che incombe...già...le recenti vittorie, tra le quali quella che ha regalato il pass per i mondiali alla nazionale azzurra, dopo troppi anni di attesa. Partita, quella di Varese, che lo ha visto per lungo tempo tra i protagonisti.
Anche se siamo a marzo, senti la pressione di cosa mettere in valigia per la Cina? “eh...no, non la sento. Obbiettivamente davanti ci sono giocatori forti ed il gruppo è pieno di qualità ed è anche giusto aspettare chi non ha potuto giocare le qualificazioni. Io dico sempre che l'anno scorso era per me impensabile giocare in Nazionale, giocare in Nazionale quasi venti minuti della partita decisiva contro l'Ungheria, in un palazzetto cosi pieno ed entusiasta. Ad oggi, anche andare in Cina è impensabile. Io proverò a migliorare ancora un po', cercando di fare finale di campionato in crescendo... (sia alza dalla sedia perchè il lavoro lo chiama e, prima dei saluti, ci lascia con un) ...boh, le vie del Signore sono infinte”. La nostra chiaccherata si chiude con questa frase che, in fondo, è un sunto della filosofia Ricci, dato che dentro c'è la sua volontà a migliorarsi, la determinazione a credere in se stesso e l'esperienza che lo ha portato a pensare che nulla è impossibile e perciò, citando lui stesso “Ragazzi, se davvero è il vostro sogno, credeteci, impegnatevi, ma credeteci perchè si può realizzare”. A noi rimane la piacevole sensazione di non aver fatto un'intervista ma una piacevole chiaccherata con una persona che ha molto da raccontare e ancora di più da insegnare. Un ragazzo che davvero si è sudato e meritato tutto ciò che ha ottenuto. Ci rimane il tempo e la possibilità di assistere agli allenamenti dove possiamo verificare che, effettivamente, l'ambiente della Vanoli è un ambiente sano, sereno. E questa serenità non è solo in campo, tra i giocatori ma anche tra lo staff, a cominciare degli addetti stampa che ci accolgono con cordialità ed empatia facendoci sentire a casa.
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