Dopo anni di reiterato tanking trascorsi ad accumulare programmaticamente giovani talenti e liberare spazio salariale, in maniera da diventare una destinazione estremamente appetibile per i migliori free agent, i pazienti tifosi della blasonata franchigia della Pennsylvania hanno raccolto i dividendi rompendo 5 anni di digiuno ed entrando con il seed n°3 nei playoff, frutto di un record di 52-30 in regular season.
I talentuosi Sixers hanno spaventato la lega chiudendo la stagione con un impressionante striscia di 16 vittorie consecutive ed eliminando in gran scioltezza i Miami Heat con un convincente 4-1 al primo turno di post-season. Il progetto “trust the Process”, ideato dal controverso ex general manager Sam #Hinkie, è improvvisamente sembrato in anticipo rispetto al programma e la crescente fiducia collettiva nel “Processo” ha raggiunto persino i cauti bookmaker che si sono spinti a considerare Philadelphia già da quest’anno come la squadra da battere ad Est.
I fans sportivi, si sa, amano gli “underdog”, così con i favori dei pronostici sono arrivati persino i primi hater, complice anche l’estrema esuberanza verbale e social dell’incarnazione più iconica del Processo, il centrone Joel #Embiid.
Le semifinali della Eastern Conference contro gli azzoppati Celtics, privi dei loro campioni Irving e Hayward, ha costituito un duro reality check per la franchigia della Pennsylvania, messa a nudo nelle proprie debolezze strutturali dall’eccellente piano di guerra predisposto da Brad #Stevens.
Da abilissimo stratega il coach di Boston ha identificato la chiave di volta dell’attacco Sixers nel gioco in transizione guidato dal 6’10’’ #Simmons, in grado di arrecare pesanti danni per la sua capacità di tagliare la difesa in virtù dello stupefacente mix di stazza, velocità e controllo di palla, ma anche per la sua grande abilità di pescare i tiratori liberi sugli scarichi o i lunghi a rimorchio.
Predisponendo una strategia di difesa atta ad annullare le scorribande del rookie-meraviglia, Boston è riuscita a smantellare completamente la fluidità offensiva di Phila. E’ risaputo a tutti che il point guard australiano non è attualmente dotato di alcuna forma affidabile di tiro dalla distanza, ma sinora nessuno era riuscito davvero a trarre vantaggio dalla sua debolezza perché Ben è semplicemente inarrestabile quando conquista il rimbalzo difensivo e si catapulta nella metà campo avversario con difesa non ancora perfettamente schierata.
I Celtics hanno deliberatamente deciso di essere molto arrendevoli a rimbalzo offensivo per favorire un immediato riposizionamento difensivo dopo ogni tiro sbagliato e impedire così ogni canestro facile in contropiede, che fosse una penetrazione di Simmons, una bomba sugli scarichi di Redick, Covington o Belinelli, o una schiacciata a rimorchio di Embiid, Ilyasova o Saric.
In occasione di ogni rimbalzo difensivo di Phila i 3 esterni Celtics corrono prontamente ad intasare la linea di penetrazione, supportati dal centro di turno (tipicamente #Baynes) che si piazza a rinforzo sulla linea di tiro libero disinteressandosi del proprio uomo. Per quanto Embiid infatti sia indubbiamente dotato di un ampio range di tiro, non si può certo dire costituisca una vera minaccia dall’arco e la difesa biancoverde preferisce “battezzarlo” impedendo ogni chance di canestro facile in contropiede.
Mutilato della componente più devastante del suo arsenale offensivo Ben è stato messo fuori ritmo dai biancoverdi, accusando un netto calo del livello di confidenza, come evidente dal suo linguaggio del corpo soprattutto in G1 e G2. Il gioco di Philadelphia è diventato molto meno fluido, con il prodigioso Joel costretto a caricarsi pesantemente la squadra sulle spalle, ma sudando sette camicie per ogni canestro, fiaccato dalla costante pressione difensiva di Horford e Baynes. Le percentuali di tiro ne hanno risentito pesantemente, visto anche che gli esterni Sixers sono più abili a bombardare dagli scarichi che a costruirsi il proprio tiro.
Analogamente Stevens ha stabilito un chiaro piano tattico per minare il sistema difensivo di Phila palesemente fondato sull’intimidazione del n.23 a centro area. Embiid è infatti un autentico incubo per chiunque si avventuri nel pitturato e si contende con Rudi Gobert il titolo di migliore “rim protector” dell’intera NBA. Ogni volta che è marcato da “the Process” Al Horford si piazza sull’arco comandando l’adeguamento difensivo in virtù del suo rispettabilissimo 43% nel tiro da 3. Con il centrone senegalese occupato sull’arco si aprono praterie per gli esterni Celtics che banchettano a piacimento.
Brett Brown è stato più lento del suo collega a predisporre le opportune contromosse sia strategiche che tattiche, e non è un caso che la prima vittoria della serie sia arrivata in G4 quando ha deciso di smuovere le acque inserendo la dinamica point guard #McConnell in quintetto al posto di Covington. La mossa, fortemente invocata dai tifosi Sixers in seguito alle sconfitte precedenti, ha garantito un ball-handler aggiuntivo in campo e un coraggioso incursore in grado di aggiungere una dimensione offensiva al quintetto e consentire un migliore bilanciamento in attacco.
La mossa avrebbe potuto pagare anche in G5 se non fosse stato per l'ennesima gestione scellerata dei possessi decisivi, già vista anche in G2 e G3, inevitabile dazio da pagare per una squadra giovane ed inesperta.
Phila esce di scena dopo un'entusiasmante cavalcata, e smaltita la delusione per l'eliminazione dai PO sarà presto tempo di rimboccarsi le maniche e mettersi al lavoro per la stagione 2018-19.
Simmons avrà un’intera estate per lavorare sul gioco perimetrale per essere in grado di punire strategie difensive analoghe a quelle messe in atto da Boston, il management dovrà cercare di puntellare l’organico in maniera da ampliare l’arco di alternative offensive rispetto a quanto mostrato negli attuali playoff, e coach Brown dovrà insegnare ai suoi ragazzi come gestire più oculatamente il pallone quando diventa incandescente, ma le premesse per un futuro luminoso sono ancora tutte intatte.
-Schizoid Zen-
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